Teatro

Orestiadi di Gibellina, il Festival in ricordo del sisma del Belìce

Alessandro Haber, uno dei protagonisti del Festival
Alessandro Haber, uno dei protagonisti del Festival

Dal 7 luglio all’11 agosto, la rassegna internazionale di arti performative della Fondazione Orestiadi di Gibellina (TP) torna nel cinquantennale del terremoto del Belìce.

“Niente fu più come prima”. La notte tra il 14 e 15 gennaio 1968, quando un sisma catastrofico azzerò il vasto territorio insistente sulla valle del Belìce, tra Palermo e Trapani, nessuno avrebbe scommesso sulle possibilità di ripresa di una povera comunità contadina inghiottita dalle macerie. A cinquant’ anni dal disastro, il Festival della Fondazione Orestiadi, che dal 1981 si tiene nei luoghi devastati dalla calamità, si fregia quest’anno della presenza di tre eventi prodotti in esclusiva, tre prime nazionali, un laboratorio di teatro sensoriale, un premio teatrale per lavori originali di under 35, nonché della partecipazione dei più attivi artisti del panorama attuale.

Tra commosso ricordo delle vittime e complessi bilanci di un decennio rivoluzionario (1968-1978) a livello internazionale, la manifestazione, progettata dal nuovo direttore Alfio Scuderi si snoda attraverso quattro percorsi tematici nell’intento di delineare ”la contemporaneità come linguaggio popolare a cui possa accedere con curiosità un pubblico eterogeneo”, secondo ”una proposta sapiente e moderna, arcaica e nuova che impegna, diverte, appassiona, emoziona, crea un legame forte tra lo spettatore, le storie e i suoi personaggi”.


Tra classico e contemporaneo, Gibellina città- laboratorio

Percepire il mondo al ritmo del proprio cuore o immaginare un ardito connubio di personaggi shakespeariani con il teatro visionario di Franco Scaldati? L’indicibile diventa realtà negli spettacoli che animeranno La lunga notte del contemporaneo, con Alessandro Haber, serata-progetto di Manifesta 12 che inaugura il Festival il 7 luglio con una ricca proposta di “installazioni, performance inedite, spettacoli e creazioni originali”, in luoghi densi di simbolismi culturali, per rafforzare la “rete virtuosa nel territorio artistico esistente”.

Sperimentazioni e ossimori connotano anche Pumice di fuoco (10 agosto), uno spettacolo di parola di Vincenzo Pirrotta con Filippo Luna in cui rivive l’ispirazione del poeta bagherese Ignazio Buttitta: pensieri e parole delicati e lievi come la pomice, e al tempo stesso di scottante ardore per le rivendicazioni sociali e la lotta contro ogni oppressione, cui essi inneggiano.

L’anima avanguardista della manifestazione si completa con due lavori premiati dal concorso per giovani teatranti: Con tutto il mio amare, scritto e diretto da Gabriele Cicirello, insieme al premio #CittaLaboratorio Elle- lifeshow, in anteprima nazionale il 3 agosto, ”un’opera nera sugli insidiosi tranelli celati dietro al mito dell’individualismo occidentale”.



Marco Gambino e Attilio Bolzoni

Le XXXVII Orestiadi e La fantasia al potere: «1968. Niente fu più come prima»

Nella convinzione che “spirito del tempo” e genius loci di città martoriate da eventi naturali -come Gibellina- si rinnovino nella memoria dei sopravvissuti, la rassegna propone l’11 agosto, a conclusione dell’intero calendario, La città invisibile: il Cretto, progetto di teatro itinerante di Alfio Scuderi su riscrittura di Italo Calvino, ideato per una performance estemporanea nei meandri del Cretto, che riporterà la vita nel sudario di cemento costruito da Alberto Burri a perenne memoria dei resti dell’antica Gibellina.

Anno fatidico, il 1968 segnò pure l’inizio di un periodo di grandi speranze, destinate a capovolgersi in amara utopia nel breve volgere di un decennio, lasciando dietro di sé ataviche ingiustizie, corruzione, malaffare diffuso. Ne saranno emblema teatrale, nell’ambito del Premio Borsellino, la pièce Parole d’onore, esemplare ricerca di Attilio Bolzoni e Marco Gambino sul tramutarsi del linguaggio di certa criminalità mafiosa in «esercizio permanente di potere»; e nel fine settimana tra il 27 e il 29 luglio Corpo di Stato, un lavoro originale di e con Marco Baliani con cui l’autore propone “una dichiarata visione soggettiva” del Caso Moro attraverso i 55 giorni che, chiudendo un’epoca, mutarono per sempre la storia italiana.